DOMENICA DELLE PALME “IN PASSIONE DOMINI”
Santa Messa – Basilica Cattedrale di Messina – Domenica 13 aprile 2025
Carissimi,
la liturgia della Domenica delle Palme ci ha visti riuniti in piazza, dove abbiamo benedetto i rami d’ulivo e abbiamo acclamato Gesù Re e Signore della Storia; ora durante la Santa Messa abbiamo ascoltato tre testi della Parola di Dio: il brano di Isaia 50,4-7, un brano della lettera di Paolo ai Filippesi 2,6-11 e il racconto della Passione tratto dal Vangelo di Luca.
Essi sono, insieme al sacrificio eucaristico, nutrimento della nostra vita di fede, e ci introducono a poter vivere con maggiore fedeltà la Settimana Santa e il triduo pasquale, dalla messa in Coena Domini fino alla Domenica di Risurrezione. Anche per noi presbiteri, nel corso di questa settimana, ci sarà un momento importante quando, durante la Messa Crismale, rinnoveremo le promesse sacerdotali.
Destinatario, delle parole contenute nel Libro di Isaia, è il popolo di Israele, un popolo che ha vissuto l’esperienza dell’esilio, sfiduciato e che dubita del Signore e della sua misericordia.
Anche noi, oggi, tante volte, facciamo esperienza di grande sfiducia in Dio e di eccesso di fiducia nelle nostre risorse. Che guaio pensare che l’uomo sia artefice e Signore della storia!! Le malattie, le guerre, le divisioni sono un evidente segno del limite dell’uomo a poter scrivere e governare la storia. Oggi più che mai sentiamo il bisogno della consolazione e della speranza, doni che scaturiscono dalla misericordia del Padre.
Il cammino sinodale, caratterizzato dall’ascolto, dalla partecipazione e dalla gioia della missionarietà, è un invito a cogliere l’opportunità di rifondare la nostra speranza, confidando tanto sul dono prezioso del discepolato, con lo sguardo rivolto a Gesù nostro Salvatore che, facendosi obbediente al Padre, ha vissuto come “Servo di Jahvè”.
È il “Servo del Signore” che ha ricevuto il dono della lingua, il dono dell’ascolto obbediente alla volontà del Padre, per rivolgere una parola di consolazione e di conforto allo sfiduciato.
Il discepolo è quindi la mano di Dio rivolta al povero, all’oppresso e al sofferente. Una mano che si fa attenta affinché si realizzi, nella quotidianità, la splendida esperienza di incoraggiamento e di amore.
Il discepolo come il “servo del Signore”, coerentemente a quanto riportato nel testo del profeta Isaia, ha l’audacia della testimonianza profetica, non sottrae la faccia agli insulti e agli sputi, sa rischiare e “non oppone resistenza, non si tira indietro, sapendo di non restare confuso”.
Anche Paolo, nella lettera ai Filippesi, ci presenta Gesù come il vero e fedele “Servo di Jahvé”: Cristo Gesù “pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini […]; umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce” (Fil 2, 6-8).
Mi sembra importante che, in questo tempo di grazia caratterizzato, per la nostra Chiesa, dalla visita pastorale, dal cammino sinodale e dall’anno anno giubilare, nessuno si sottragga dall’impegno di vivere con audacia la condizione di discepolo, guardando a Cristo, vero “Servo di Jahvè”.
Possiamo scoprire, con semplicità di cuore, come vivere, nel tempo presente, l’esperienza dell’accompagnamento e della comunione verso gli sfiduciati, come incarnare, nella carità e nella discrezione, l’esperienza della “compassione“. C’è sempre qualcuno più sfiduciato di noi al quale siamo chiamati a portare una parola di consolazione.
Ciascuno nel suo piccolo può avere la cura e l’attenzione di portare la Parola che ci è stata donata, di vivere con gioia le opere di misericordia corporali e spirituali.
L’opera di Dio coinvolge tutta la nostra persona: corpo e anima. Nel testo di Isaia, infatti, troviamo il riferimento a tante parti del corpo: la lingua, le orecchie, il dorso, le guance, la barba, la faccia. Facendo nostre le parole del profeta, dobbiamo allora servire il Signore e il prossimo con tutta l‘anima e con tutto il nostro corpo. A volte ci sentiamo fragili, con il cuore piccolo, e sentiamo venir meno le nostre forze: queste fragilità sono lo strumento privilegiato per riconoscere e per incontrare con semplicità e umiltà, Gesù, nei fratelli.
Le orecchie per ascoltare i fratelli, la lingua per dire parole di consolazione, tutte le altre membra per camminare insieme. Siamo proprio “vasi di creta” che custodiscono il tesoro della grazia!
In queste settimane ci sembra ancora più importante porre un’attenzione a coloro che nel corpo sono segnati dalla malattia; come non ricordare il Santo Padre, papa Francesco, e insieme a lui tutti quelli che sono segnati da ogni genere di sofferenza: ammalati, carcerati, piccoli, indifesi. A tutti costoro va’ rivolto un amorevole sguardo di speranza.
Anche nel racconto della Passione c’è un richiamo attento all’immagine del servo; Gesù si rivolge ai suoi discepoli che, accecati “dall’ambizione, dal sentirsi importanti, i primi o più grandi del gruppo”, stavano a discutere tra di loro con il gusto morboso della “vanagloria”: e tutto questo durante l’ultima cena. Non si erano resi conto di quello che stava per succedere, che era arrivata “l’ora di Gesù”, quella di passare da questo mondo al Padre.
Gesù è costretto ad intervenire in maniera chiara e determinata con queste parole:
“I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così, ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve” (Lc 22,25-26).
Evidentemente l’orgoglio di prevalere e di primeggiare tocca costantemente l’uomo. Anche oggi questa tentazione affiora nelle nostre relazioni con il rischio di alienare con rapidità tutto il bene costruito con tanti sacrifici. È urgente invocare la grazia e il dono della virtù della vigilanza un’attenta vigilanza per poter vivere in pienezza la gioia del servizio.
Auguro a tutti di vivere la Settimana Santa come un momento forte di grazia e di rinnovamento per confermarci nell’umiltà e per conformarci a Gesù, pastore e guida della nostra vita. In comunione con Lui, invochiamo pure il dono dell’audacia della testimonianza profetica e del servizio compassionevole, attraverso le opere di misericordia corporale e spirituale, verso coloro che soffrono nel corpo e nello spirito.
È il tempo propizio per una severa “revisione di vita”, per l’impegno di santi propositi, per una vita di preghiera più intensa ed autentica, vero nutrimento dell’anima.
