E’ stato presentato ad Agrigento il Messaggio dei Vescovi di Sicilia in occasione della Beatificazione del giudice Rosario Angelo Livatino di domenica prossima, 9 maggio. A consegnarlo ai giornalisti presenti al Palazzo arcivescovile e, attraverso loro, ai fedeli delle diciotto diocesi dell’Isola è stato mons. Giuseppe Marciante, vescovo di Cefalù e delegato per la Conferenza episcopale siciliana per i Problemi sociali e il Lavoro, la Giustizia, la Pace e la Salvaguardia del Creato.
Un testo sentito, dedicato non solo a Livatino, definito “uno di noi, cresciuto in una comunissima famiglia delle nostre e in una delle nostre città, dove ha respirato il profumo della dignità e dove ha appreso il senso del dovere, il valore dell’onestà e l’audacia della responsabilità”.
I vescovi scrivono della “giovinezza” del martire canicattinese, della sua professione e della sua professionalità, del significato della sua beatificazione oggi e in questa terra; illustrano le tappe del cammino delle coscienze iniziato con l’assassinio del magistrato, e passato attraverso il grido di Giovanni Paolo II e la lettera “Convertitevi!” dei vescovi di Sicilia per il 25° di quell’appello e fino alla beatificazione; si soffermano sulla “eredità” di Livatino, ma non meno su quella “di Puglisi e di innumerevoli altri fratelli e sorelle, che non saranno mai elevati gli onori degli altari, ma che hanno scritto pagine indelebili di storia ecclesiale e civile, anche ai nostri giorni e anche nella nostra Sicilia!”.
”Purtroppo – scrivono i vescovi siciliani – dobbiamo riconoscere che, al di là di alcune lodevoli iniziative più o meno circoscritte, le nostre Chiese non sono ancora all’altezza di tale eredità”. L’invito è a “ripartire, considerando che in questi trent’anni tante cose sono cambiate, ma non sono ancora cambiate abbastanza. Se sembra finito il tempo del grande clamore con cui la mafia agiva nelle strade e nelle piazze delle nostre città, è certo che essa ha trovato altre forme – meno appariscenti e per questo ancora più pericolose – per infiltrarsi nei vari ambiti della convivenza umana, continuando a destabilizzare gli equilibri sociali. Di fronte a tutto questo non possiamo più tacere, ma dobbiamo alzare la voce e unire alle parole i fatti: non da soli ma insieme, non con iniziative estemporanea ma con azioni sistematiche. Solo così il sangue dei Martiri non sarà stato versato invano e potrà fecondare la nostra storia, rendendola, per tutti e per sempre, storia di salvezza”.
“Questa terra non produce solo male, anzi diventa capitale del Bene. La Beatificazione di Rosario Livatino – ha detto il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento – è luce per la gente di Sicilia e non solo, ed era necessario e urgente accenderla, soprattutto in un momento difficile come quello che viviamo. Le ristrettezze alle quali anche il Covid ci costringe non ci ha scoraggiati: la data è quella dell’appello del papa Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi. Non ci sarà la festa che avremmo voluto, ma la santità non richiede i grandi numeri in termini di presenza, ma di persone che si lasciano coinvolgere e interrogare. Questo è lo stile con il quale viviamo questo momento – ha continuato il cardinale -, quello di chi si vuole lasciare illuminare per procedere senza sosta e andare avanti rompendo il buio che rischia di scoraggiarci e rallentarci”.
A testimoniare quanto a cuore stia l’esempio di Livatino alla Chiesa tutta anche un messaggio che il Papa Francesco ha voluto indirizzare ai ragazzi e alle ragazze, posto in apertura al libro “Rosario Livatino. La lezione del giudice ragazzino”, a firma di Lilli Genco e mons. Alessandro Damiano, arcivescovo coadiutore di Agrigento ed edito da Di Girolamo Junior. “Fate tesoro della testimonianza del beato Rosario Livatino, un “santo della porta accanto” che – scrive il pontefice – attraverso la sua vita ordinaria realizzato qualcosa di straordinario agli occhi di Dio donando la sua vita per la giustizia. Sul suo esempio – sollecita Papa Francesco – prendete in mano la vostra vita e senza cedere mai a compromessi alla sopraffazione, dato il meglio di voi stessi per il cambiamento della vostra terra”.