Omelia della Messa del Crisma

28-05-2020

 

Messa del Crisma

 

OMELIA DELL’ARCIVESCOVO MONS. GIOVANNI ACCOLLA

 

Basilica Cattedrale di Messina, 28 maggio 2020

 

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Carissimi fratelli e fedeli tutti,

“oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4,21). Queste parole, appena proclamate e tratte dal testo di Luca, sembrano abbastanza provocatorie. Esse non definiscono un tempo “concluso”, bensì una “condizione di vita”, proponendo il modello di vita sacerdotale al quale ognuno di noi è chiamato a rispondere secondo la vocazione ricevuta sin dal battesimo o ratificata con l’impegno della consacrazione.

Il testo sembra volerci dire che “in ogni momento” siamo chiamati a “compiere” quanto il Signore Gesù ha compiuto in “obbedienza alla volontà del Padre. Ciascuno di noi – ognuno secondo i doni di grazia ricevuti con il battesimo – è chiamato, infatti, a partecipare dell’unico sacerdozio regale e profetico di Cristo.

Quest’invito lo abbiamo colto durante la “Settimana liturgica nazionale” vissuta a Messina nello scorso mese di agosto e, ancor di più, all’inizio del nuovo Anno Pastorale tramite la lettera che è stata consegnata a tutte le Comunità della nostra Arcidiocesi.

Liturgia e annuncio sono un tutt’uno che trovano concretezza attraverso la testimonianza di vita nella comunità civile e nella comunità dei fedeli.

Ogni risposta vocazionale va considerata in riferimento al soggetto che chiama, crisma e invia. Essa si modula, infatti, all’interno di un rapporto tra colui che chiama – “Il Signore Dio è su di me”-, colui che consacra e invia – “Il Signore mi ha consacrato e mi mandato”-, e colui o coloro che sono destinatari della chiamata e della missione.

Il consacrato è colui che si apre all’accoglienza dello “Spirito del Signore”, è colui che è docile alla sua chiamata, che si fida del suo interlocutore, lo ritiene credibile, affidabile, abbraccia il suo progetto di vita. Il consacrato è colui che ritiene che la missione affidatagli dà senso alla propria vita, ne fa gustare la bellezza, gli permette di poterla condividere con altri, gli arreca la gioia di poterla promuovere per altri; è colui che crede che il Signore, chiamandolo, lo “ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri”.

L’annuncio deve poi essere rivestito della forza della testimonianza, quella dei profumi e della fragranza sparsa per la casa, per la casa comune, il mondo e la società nella quale viviamo: il profumo di comunione, il profumo di carità, il profumo della vita buona del Vangelo, il profumo della preghiera, il profumo dell’accoglienza, il profumo della speranza, il profumo della verità, il profumo delle buone parole. Profumo che non è in vendita perché è “dono di Dio”, profumo che non può generare spazi di emarginazione perché, essendo un dono, va offerto a tutti gratuitamente.

All’inizio dell’Anno Pastorale avevamo messo in comune proprio queste considerazioni e avevamo anche cercato di vedere dove e come poterle attuare.

La pandemia del COVID ha sconvolto i ritmi del nostro vivere, anche della nostra vita ecclesiale, e ancora oggi non abbandona la vita di tante comunità.

In mezzo al dolore per le vittime, per gli ammalati, e alle criticità affiorate nella vita sociale e nelle attività economiche non possiamo nascondere che, nonostante tutto, questo è stato ed è un tempo di grazia, un tempo prezioso per la conversione personale e comunitaria, una conversione necessaria “affinché la fraternità vissuta nell’esperienza di comunione e di condivisione” diventi vitale per tutti e un dono per le giovani e future generazioni.

Sono saltati i modi, i tempi e i luoghi dei nostri programmi, ma lo zelo e la forza della testimonianza restano sempre l’anima della nostra vita ecclesiale, nutrita con la perseveranza della preghiera e della carità.

Il testo di Isaia, richiamato in Luca, lo esplicita attraverso la missione affidata al “consacrato”: il consacrato è chiamato “ad “annunziare, a curare, a liberare dalla schiavitù e da ogni forma di carcerazione, a promulgare, a proclamare, a consolare, a rendere regale la vita, a versare sulle piaghe e sulle ferite dell’uomo l’olio della speranza e rivestirlo con vesti di lode”.

Il Sacerdote, alter Christus, è chiamato ad essere “il volto della misericordia del Padre” attraverso le opere di misericordia corporali e spirituali da vivere in prima persona e da realizzare con il popolo e le comunità a lui affidate.

Guardando a quanto vissuto dal nostro presbiterio e dalle nostre comunità, in questo tempo di prova, mi sembra di dover affermare che lo zelo nella carità e la condivisione con chi ha sofferto sono stati testimoniati con tanta generosità. I presbiteri e le comunità sono stati, infatti, particolarmente presenti e attenti verso tanti nostri fratelli provati dal dolore e da molteplici difficoltà. Non dobbiamo, tuttavia, abbassare la guardia affinché la consapevolezza del tempo che stiamo vivendo si traduca sempre in opportunità per rendere testimonianza della vocazione ricevuta.

San Paolo ce lo ricorda nella sua Lettera agli Efesini: “Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito, per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione” (Ef 4,1-4).

Il tempo che avremo da vivere sarà ancora particolarmente critico e per la conduzione degli impegni pastorali dovremo, chissà quante volte, ricominciare daccapo. Lo faremo con fiducia, attingendo con forza alla Sorgente della vita, nella preghiera, e offrendo sacrifici graditi a Dio, nella disciplina e nella carità.

Carissimi presbiteri, desidero ringraziare ciascuno di voi per la vostra presenza, non solo oggi qui in Cattedrale, ma soprattutto per la vostra presenza in mezzo e accanto alla gente delle vostre comunità. Ognuno si è industriato in modo abbastanza geniale per essere presente e vicino alla gente, con l’ausilio dei media e con la carità operosa.

Insieme a voi ringrazio tutti gli operatori pastorali, i volontari, i diaconi, le religiose, i religiosi e anche le persone più lontane dalla vita della Chiesa che non hanno fatto mancare la bellezza e la generosità nella solidarietà.

In questo giorno vorrei affidare alla misericordia di Dio i Presbiteri che, nel corso di quest’ultimo anno, hanno lasciato questo mondo per presentarsi al cospetto del Signore. A loro il ringraziamento più sentito per aver servito la Chiesa con il dono della loro vita sacerdotale. Essi sono: p. Orazio Fallone, p. Antonino Terranova, mons. Antonino Isaja, p. Gennaro Euprepio sj, mons. Giuseppe Romano, p. Carmelo Mantarro, p. Domenico Puccia ofm capp, p. Mario Germinario rcj, p. Nicola Maio, fr. Arcangelo Casamassima rcj, p. Pietro Garofalo sdb, mons. Salvatore Cingari, mons. Santi Mento, p. Gioacchino Cipollina rcj, p. Renato Saitta ofm, p. Antonio Magazzù rcj, p. Pietro Cifuni e p. Giuseppe Bentivegna sj.

Desidero poi esprimere un pensiero augurale ai presbiteri che in questo anno 2020 ricorderanno il loro 60° anniversario di sacerdozio, mons. Giovanni Celi, p. Gaetano Clemente, p. Pantaleone Crescenti, p. Giacomo Fazio, p. Gaetano Murolo, mons. Angelo Oteri, p. Vito Spada e p. Agostino Irlandese; il loro 50° anniversario: p. Egidio Mastroeni, p. Giovanni Ioppolo, p. Fortunato Malaspina, p. Giovanni Turrisi ofm capp, p. Giuseppe Pollichino tor; il loro 25° anniversario: p. Antonio Calabrò, p. Giuseppe Currò, mons. Giuseppe La Speme, p. Giuseppe Lonia, p. Giovanni Pelleriti, p. Giovanni Saccà, p. Antonio Salvo, p. Roberto Scolaro, p. Massimo Cucinotta tor, p. Vincenzo Pisano sdb.

Vorrei anche ricordare, come se fossero qui presenti, i sacerdoti che non ci hanno potuto raggiungere per l’età, per la malattia o per la distanza. A loro va un particolare pensiero nella preghiera che ci fa sentire una sola cosa.

Oggi ricorre inoltre l’anniversario in cui è stata resa pubblica la nomina di Mons. Cesare di Pietro, che ringrazio per l’augurio iniziale.

Invito tutti a pregare per i nostri fratelli defunti e per questi nostri fratelli che rinnoveranno nella fedeltà la gioia e l’amore nel servire il Signore.

La Vergine Maria, Madre della Lettera, Veloce Ascoltatrice, ci sostenga nelle difficoltà della vita, ci preservi da ogni male e ci dia la gioia di una fraternità sacerdotale sempre più feconda di grazie per il popolo a noi affidato.

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