L’Arcivescovo incontra i giornalisti, dialoga con loro e rivolge il suo messaggio pasquale alla città

Questa mattina 3 aprile, nel palazzo arcivescovile l’arcivescovo Giovanni Accolla ha incontrato i giornalisti in occasione degli auguri pasquali e ha dialogato con loro.

Dopo l’intervento introduttivo del nuovo direttore dell’ufficio diocesano delle comunicazioni sociali, che ha voluto riprendere la consegna fatta da Papa Francesco agli operatori della comunicazione invitandoli a parlare con il cuore, l’arcivescovo ha rivolto il suo messaggio di Pasqua alla città e all’intera comunità diocesana.

Osservando come l’ascolto è atteggiamento specifico del cammino sinodale che stiamo vivendo e sollecita ad entrare dentro il cuore delle persone, il presule ha voluto evidenziare alcuni atteggiamenti concreti della quotidianità che invitano ad andare incontro all’altro. Dedicare tempo all’ascolto, aprire gli occhi e guardare il volto di chi ci sta accanto, riscoprire la bellezza del camminare insieme, orientare lo sguardo del cuore a Dio invocandolo Padre, al di là di ogni confessione religiosa, accogliere Cristo Gesù che genera “vita nuova” nei rapporti interpersonali. Ha quindi voluto rivolgere uno specifico pensiero alla città, compendiato da due verbi che esprimono determinazione e vita nuova, obbedienza – fondata sull’ascolto e sulla fiducia in Dio – ad un progetto di bene e sua conseguente realizzazione: “Alzati e cammina!”, affinché nessuno si senta escluso dal percorrere la via della testimonianza profetica a cui tutti siamo chiamati. Un rimettersi in gioco attraverso gesti di condivisione e di fraternità, alimentando la consapevolezza dell’identità di un popolo ricco della sua “originaria dignità legata alle fede, alla tradizione e al patrimonio culturale”, come ribadito la domenica delle palme.

Si è quindi disposto al dialogo con gli operatori della comunicazione. Rispondendo alle domande che gli sono state poste, ha messo in evidenza alcune sfide con cui l’intera collettività deve confrontarsi: l’esperienza della povertà materiale e spirituale, il non saper custodire l’ambiente in cui si vive – quella “casa comune” richiamata dal Papa – il problema della dispersione scolastica, la ferita dell’indifferenza che fa perdere il senso della reciproca appartenenza, l’impegno di prossimità che tutti attendono da ciascun credente, da ciascun uomo e donna. Tutto trova sintesi in un atteggiamento: prendersi cura nella semplicità dei gesti quotidiani. Su specifica domanda rivolta, non è mancato un riferimento al rapporto con le amministrazioni pubbliche che si sono avvicendate in questi anni di episcopato.  Con linearità e parresia, l’arcivescovo ha ribadito il costante impegno nel fare e dire la verità nella carità, mai tagliando di fronte a possibili sguardi da prospettive diverse ma creando sempre ponti, anche all’insegna di quella diversità che genera ricchezza, crea equilibrio perché richiede complementarietà.

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